Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/216

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quando il Balli disse che la cosa era molto originale, ella s’avvolse nel mantiglione e si divertì a vedersi ammirata dalla gente che usciva dalla stanza calda e dal servitore che li serviva correndo. Il Balli non s’accorgeva del freddo e guardava nel bicchiere come se ci avesse scoperta la propria idea; Emilio era occupato a scaldare le mani che Angiolina gli abbandonava. Era la prima volta ch’ella gli permettesse di accarezzarla in presenza del Balli ed egli ne godeva intensamente. — Dolce creatura! — mormorò e giunse fino a baciarla sulla guancia ch’ella premette contro le sue labbra.

Era una serata chiara, azzurra; il vento sibilava sopra l’alta casa da cui essi ne erano difesi. Aiutati dalla bevanda calda, aromatica, ch’essi ingoiarono in copia, resistettero per quasi un’ora a quella rigida temperatura. Fu per Emilio un altro episodio indimenticabile del suo amore. Quel cortile fosco, azzurro, e il loro gruppo ad un’estremità del lungo tavolo di legno Angiolina abbandonata definitivamente a lui dal Balli, e più che docile, amante.

Al ritorno il Balli raccontò che quella sera doveva andare al veglione; ne era seccatissimo, ma ne aveva preso impegno con un amico, un dottore in medicina, che per divertirsi al veglione diceva d’aver bisogno della compagnia rispettabile di un uomo come lo scultore, acciocchè i suoi clienti scusassero più facilmente la sua presenza in quel luogo.

Stefano avrebbe preferito di coricarsi di buon’ora per ritornare il giorno appresso al lavoro con la