Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/22

Da Wikisource.

— 18 —

anch’io, quando posso farlo tanto a buon mercato? — aveva chiesto Emilio.

Il Balli stette a udirlo con l’aspetto più evidente della meraviglia. Era l’amico del Brentani da oltre dieci anni, e per la prima volta lo vedeva accalorarsi per una donna. Se ne impensierì scorgendo subito il pericolo da cui il Brentani era minacciato.

L’altro protestò: — Io in pericolo, alla mia età e con la mia esperienza? — Il Brentani parlava spesso della sua esperienza. Ciò ch’egli credeva di poter chiamare così era qualche cosa ch’egli aveva succhiato dai libri, una grande diffidenza e un grande disprezzo dei propri simili.

Il Balli invece aveva impiegati meglio i suoi quarant’anni sonati, e la sua esperienza lo rendeva competente a giudicare di quella dell’amico. Era men colto, ma aveva sempre avuto su lui una specie d’autorità paterna, consentita, voluta da Emilio, il quale, ad onta del suo destino poco lieto ma per nulla minaccioso, e della sua vita in cui non v’era niente di imprevisto, abbisognava di puntelli per sentirsi sicuro.

Stefano Balli era un uomo alto e forte, l’occhio azzurro giovanile su una di quelle faccie dalla cera bronzina che non invecchiano: unica traccia della sua età era la brizzolatura dei capelli castani — la barba appuntata con precisione, tutta la figura corretta e un po’ dura. Era talvolta dolce il suo occhio da osservatore quando lo animava la curiosità o la