Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/255

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stato lui il dottore; le raccomandò di continuare ad essere buona e che fra poco sarebbe stata bene.

Ella continuava: — Che bisogno avevo io di tutto questo... questo... — e si toccò il petto e il fianco — di questo... — L’affanno si sentiva intero solo nelle pause, ma queste erano prodotte da esitazioni, non dalla mancanza di respiro.

— Di questo male — soggiunse il Balli suggerendole la parola ch’ella invano cercava.

— Di questo male — ripetè lei riconoscente. Ma poco dopo le ritornò il dubbio di essersi espressa male e affannosamente riprese: — Che bisogno avevo io di questo... Oggi! Come faremo con questo... questo... in una giornata simile?

Il solo Emilio comprese. Ella si sognava a nozze.

Amalia però non espresse tale pensiero. Ripetè ch’ella non aveva avuto bisogno del male, che credeva nessuno l’avesse voluto e proprio adesso... proprio adesso. L’avverbio però non era mai precisato altrimenti e il Balli non lo poteva intendere Quando ella si adagiava sul guanciale e guardava dinanzi a sè o chiudeva gli occhi, si rivolgeva con assoluta familiarità all’oggetto dei suoi sogni; quando li riapriva, non s’avvedeva che quell’oggetto si trovava in carne ed ossa accanto al suo letto. L’unico che potesse comprendere il sogno era Emilio, che conosceva tutti i fatti reali e tutti i sogni precedenti a questo delirio. Si sentì più che mai inutile a quel letto. Amalia non gli apparteneva nel delirio; era