Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/71

Da Wikisource.

— 67 —

vivava. — Peccato, — mormorò Angiolina con profondo rammarico, — quella bella testa infilzata su quella stanga.

Emilio volle dire qualche cosa. S’avvicinò al Balli e gli disse: — Soddisfattissimo degli occhi della tua signorina, vorrei sapere come ti sieno piaciuti quelli della mia.

— Gli occhi non son brutti — dichiarò il Balli — il naso però non è modellato perfettamente; la linea inferiore è poco fatta. Bisognerebbe darci ancora qualche colpo di pollice.

— Davvero! — esclamò Angiolina interdetta.

— Forse potrei ingannarmi — disse il Balli serio, serio. — È cosa che si vedrà subito, al chiaro.

Quando Angiolina si sentì abbastanza lontana dal suo terribile critico, disse con voce cattiva: — Come se la sua zoppa fosse perfetta.

Al «Mondo Nuovo» entrarono in una stanza oblunga chiusa da una parte da un tramezzo, dall’altra, verso il vasto giardino della birreria, da una vetrata. Al loro arrivo accorse il cameriere, un giovanotto dal vestito e dal fare contadineschi. Montò in piedi su una seggiola e accese due fiammelle del gas, che rischiararono scarsamente la vasta stanza; restò poi lassù a stropicciarsi gli occhi assonnati, finchè Stefano non accorse a trarlo giù gridando che non gli permetteva d’addormentarsi tanto in alto. Il contadinotto, appoggiatosi allo scultore, discese dalla sedia e s’allontanò desto del tutto e di buonissimo umore.