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suo occhio c’era per lo scultore la medesima benevolenza che brillava in quello di Margherita; una donna copiava l’altra, ed Emilio, dopo aver cercato invano di cacciare qualche parola nella conversazione generale, era ora intento a domandarsi perchè avesse organizzata quella adunanza.

Ma il Balli non lo aveva dimenticato. Seguì il suo sistema, che pareva dovesse essere la brutalità, persino col cameriere. Lo sgridò perchè non gli offriva di cena altro che vitello in tutte le salse; rassegnatosi a prenderne, gli diede i suoi ordini e quando il cameriere stava già per uscire dalla stanza, gli gridò dietro in un nuovo comico accesso d’ira ingiustificata: — Bastardo, cane! — Il cameriere si divertì a esser sgridato da lui ed eseguì tutti i suoi ordini con una premura straordinaria. Così, avendo domato tutti intorno a sè, al Balli parve d’aver dato ad Emilio una lezione in piena regola.

Ma a costui non riuscì d’applicare quei sistemi neppure nelle cose più piccole. Margherita non voleva mangiare: — Bada, disse il Balli, — è l’ultima sera che passiamo insieme; non posso soffrire le smorfie io! — Ella acconsentì che si facesse da cena anche per lei; tanto presto le venne l’appetito che ad Emilio sembrò di non avere avuto giammai da Angiolina un tale segno di affetto. Intanto anche questa, dopo lunga esitazione, aveva dichiarato di non volerne sapere di vitello.

— Hai inteso, — le disse Emilio, — Stefano non può soffrire le smorfie. — Ella si strinse nelle spal-