Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/10

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LIBRO PRIMO 3

tempo1. La podestà de’dieci2 non resse oltre due anni; nè molto l’autorità di consoli ne’ tribuni dei soldati. Non Cinna, non Silla signoreggiò lungamente. La potenza di Pompeo e di Crasso tosto in Cesare, e l’armi di Lepido e d’Antonio caddero in Augusto; il quale trovato ognuno stracco per le discordie civili, con titolo di principale3 si prese il tutto. Hanno dell’antico popol romano chiari scrittori memorato il bene e il male: nè a narrare i tempi di Augusto mancarono ingegni onorati, mentre l’adula-

    veggo che sia frase impropria il dire che una città e nazione avesse re. Non habemus Regem, nisi Caesarem, tradusse san Girolamo il testo greco di san Giovanni.

  1. Non perpetue come le si presero Silla e Cesare, ma in casi urgenti. Era chiamato anticamente maestro del popolo, dice Seneca a Lucillo, per sei mesi il più; non fuori d’Italia. Vedi Dione nel libro 36 nella diceria di Catulo.
  2. Forse è meglio dir de’ decemviri, e i nomi così proprj, come de’ termini lasciare ne’ loro termini. Vedi Eliano nel principio delle Greche Ordinanze.
  3. Cioè d’imperadore, che si dava al generale, principal comandatore dell’esercito, quando per qualche fatto egregio o felicità i soldati gridavano Io Io; che oggi diciamo Viva Viva il nostro imperadore, cioè comandatore. Augusto, fattosi padrone di Roma, prese questo modesto titolo per fuggire invidia; e usava dire, che era padrone de’ servi, imperadore dei soldati, e principale di tutti: e cagionò che questi nomi addiettivi di grado, Imperator, Dux, Princeps, diventarono sostantivi, e di signoria e assoluta potenza. Tacito poco disotto dice che Augusto fu gridato imperadore ventuna volta; e nel terzo dice: Duces, re bene gesta, gaudio et impetu victoriae imperatores salutabant, erantque plures simul imperatores, nec super ceterorum aequalitatem concessit quibusdam et Augustus id vocabulum; at tunc Tiberius Blaeso postremum. Livio nel primo: Princeps utrinque