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196 DEGLI ANNALI


XXIII. Quest’anno liberò fìnalmente il popolo romano della lunga guerra di Tacfarinata Numido; perchè i passati capitani quando si vedevano aver meritate le trionfali, ti lasciavano il nimico. Già erano in Roma tre statue con l’alloro: e Tacfarinata rubacchiava ancor l’Affrica, rinfrescato d’aiuti di Mori, che per fuggir l’insolente imperio servile di liberti del re Tolomeo figliuol di Iuba, giovane che non ci badava, andavano alla guerra. Il re dei Garamanti era compagno al rubare, e riponeva le prede: non v’andava con esercito, ma vi mandava poca gente con grido di molta: e d’Affrica a questa guerra ogni mal andato e scapestrato più correva; perchè Cesare, dopo le cose da Bleso fatte, come non vi restassero più nimici, avea richiamato la nona legione: nè P. Dolabella, viceconsolo di quell’anno, ardì ritenerla, temendo il comandamento del principe più che il pericolo della guerra.

XXIV. Tacfarinata adunque sparge fama che i Romani da altre nazioni erano tartassati1; però s’uscivano d’Affrica a poco a poco, potrebbesi disfare ogni resto se gli amadori più di libertà che di servaggio ci si mettessono. Ingrossa e assedia la terra di Tubusco. Dolabella messi insieme tutti i suoi, col terrore del nome romano, e perchè i Numidi alla fanteria non resistono, alla prima levò l’assedio: i luoghi importanti fortificò, e i capi de’ Musolani sollevantisi decollò. E veduto per lungo guer-

  1. Dal Greco ταράσσω Teocrito ne’Dioscuri dice che Amico re de’ Bebrici tacendo con Polluce alle pugna col cesto, te lo tartassava, tanfanava, zombava, conciava male. τόν μέν άναξ έχάραξεν; secondo che legge lo Stefani.