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212 DEGLI ANNALI

sarieno in capo del mondo strascinati, sbrancati, mescolati tra varie genti. Ma prima che pigliar l’arme, ricordarono per ambasciadori la loro amicizia e osservanza, per mantenerle, non gli stuzzicando con carichi nuovi; ma se gli volessero per ischiavi o vinti, aver ferro e gioventù, e cuore da viver liberi o morire; e mostrando in alti greppi loro bicocche, ove messo aveano lor vecchi e mogliere, minacciavan guerra fastidiosa, dura, sanguinosa.

XLVII. Sabino diè buone parole, sino arrivasse Pomponio Labeone con la legione di Mesia e Remetalce co’ Traci suoi, rimasi in fede. Con questo rinforzo n’andò a trovare il nimico già postosi ai passi della boscaglia: alcuni più arditi si vedevano nelle colline scoperte. Il capitano romano le sali, e caccionneli agevolmente con poco lor sangue, per la ritirata vicina. Quivi s’accampò, e con ottima gente prese la schiena d’un monte piana sino a un castello difeso da molti armati senz’ordine. Contro ai più fieri, che innanzi alle trincee con suoni e cauti danzavano a loro usanza, mandò valenti arcadori, che da discosto diedon molte ferite e franche; appressatisi, furon da subita uscita de’ castellani disordinati ma soccorsi dalla coorte Sicambra, la quale il capitano accostò, pronta, nè meno per strepito di canti e d’armi, terribile.

XLVIII. Il campo si pose accanto al nimico, lasciati ne’ vecchi ripari que’ suddetti Traci nostri aiuti con licenza di guastare, ardere, rubare sino a sera; ma la notte stessonvi desti e in guardia. Così fecero dapprima; poi datisi ai piaceri1, e di preda arric-

  1. Capti opulentia, ho visto poi che il testo de’ Medici