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fosca 63

Meditava sul modo di dirglielo opportunamente, allorché essendo stati raggiunti da suo cugino che discuteva forte col suo amico intorno ad un quesito di strategia, essa gli disse:

— Mi sento male, torniamo a casa.

Il colonnello si rivolse senza risponderle, tutto infervorato come era nella sua discussione.

— Vi sentite male? le chiesi io con dolcezza. Mio Dio! forse le mie parole..., i discorsi insensati che abbiamo tenuto finora...

— Voi siete ben crudele, diss’ella.

E parve che non potesse continuare.

— Crudele, esclamai io, e perchè? Non vi comprendo.

— Voi non sapete quanto mi avete fatto soffrire. O siete incredibilmente ingenuo, o incredibilmente cattivo.

Parlarmi d’amore, di felicità, parlarmene in tal guisa...

(E si calò il velo del cappello, non so se per nascondere la sua emozione, o per celarmi la sua bruttezza in un momento in cui stava per trionfare della mia pietà).

Non comprendevate quanto mi dovevano far male quelle parole?

— Perdonate, io dissi con accento commosso, vi giuro che era ben lungi dal sospettarlo: mi avviene spesso di parlare inconsideratamente...

E avrei voluto aggiungere: «Voi mi avete però provocato.» Ma me ne astenni.

— Sentite, diss’ella cercando la mia mano colla mano del braccio che aveva fatto passare nel mio — una mano secca, lunga, leggiera — e stringendola a intervalli convulsivamente.

Qualche giorno vi farò delle confidenze, vi racconterò la mia vita; voi me lo permetterete, non è vero? Ho bisogno del vostro compianto. Avete un’aria così dolce, così buona. Ve lo confesserò: io vi ho veduto fino dal primo momento che siete venuto in nostra casa,