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che non mi levavano mai gli occhi d’addosso. Essi comprendevano senza dubbio che vi era in me qualche cosa di straordinario, l’aspettazione di una grande felicità. Mi sentiva voglia di voltarmi e di dir loro: «Signori, non sapete che io sono molto felice?» Ma ho avuto pietà della loro vecchiezza!

«Eccomi di nuovo in questo piccolo santuario. Esso è ancora lutto ripieno di lei, vi è ancora tutto il suo profumo. Se mi avessero condotto qui ad occhi chiusi, avrei gridato subito: «Clara, Clara t» perchè avrei sentito la sua presenza.

«Ho trovato un suo capello, e ho baciato e ribaciato il guanciale che riteneva ancora l’impronta della sua testa. Quanti ragnateli! Ho visto un millepiedi sulla parete. Il micio del vicino ha veduto l’uscio aperto ed è entrato ad accarezzarmi le gambe colla coda, l’ho riveduto come un vecchio amico. Quell’ellera che veste la parete esternamente si è abbarbicata alla persiana, e ha cacciato dentro, per le gretole, alcuni rami coperti di fogliuzze quasi bianche, perchè non avevano luce. È una pianta sempre viva, e ne ho tratto un presagio lusinghiero.

«Sono le quattro dopo mezzanotte: passeggio, piango e sorrido. Ripeto spesso, protendendo le braccia: «Oh Clara, vieni, vieni!»

«Non posso coricarmi: ancora otto ore, — a domani: ancora otto ore!

«Ho aperto le finestre; il cielo è chiaro e sereno.

Che scintillìo di stelle! che silenzio! Oh mio Dio, come siete buono! Oh mio Dio, come siete grande!»

Tale è un brano delle Memorie che io scrissi in quella mia prima gita’a Milano, e che ricopio ora dal mio giornale.