Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/110

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Fritz Langen sopraggiungeva a passo di carica, o annunziato dalle voci festose dei bambini, che deliravano per lui, o dalla sua propria voce sonora, echeggiante nell'aria fredda e limpida, e di cui Vanna conosceva oramai tutte le bizzarrie della pronuncia. Era strano come quella pronuncia esotica la commovesse nella bocca di Fritz Langen, il quale, parlando un italiano forbito, anzi letterario, storpiava poi le parole, alterandone l'accentazione. Vanna, ascoltandolo, pensava a un bambino, incerto ancora nell'uso dei vocaboli, e ciò la rendeva più indulgente, disposta a tollerare da lui certi piccoli scherzi, che non avrebbe tollerato da altri.

Egli sopraggiungeva a passo di carriera e si fermava nel mezzo della strada, con le braccia sollevate ed aperte, acciocchè Ermanno e Serena potessero frugargli nelle tasche del soprabito.

— Aiuto! San Nicola! I ladri! I ladri! - egli gridava, mentre i piccolini, con la furia di due selvaggi, toglievano, a manate, caramelle e confetti.

— O monna Vanna, sovrana di queste terre, io chiamo giustizia! Io, povero viandante, assalito ne' suoi domini da feroci ladroni!

I feroci ladroni fuggivano via col bottino, facendo echeggiare di risa la campagna, e la sovrana di quelle terre toglieva dal manicotto di martora la mano guantata e gliela porgeva, dicendogli:

— È sua la colpa: lei non dovrebbe viaggiare, portando tesori.