Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/151

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— Allora sei guarita, mamma, non hai più il tuo male? Ermanno le chiese, ed essa lo strinse a sè, lo baciò più volte sui capelli.

— Non temere, piccolo cherubino - gli disse - io ti adoro sempre. Tu sarai sempre l'anima dell'anima mia.

Il bimbo, che toccava i suoi dieci anni ed era eccezionalmente riflessivo, si domandò perchè la mamma gli diceva questo e perchè non avrebbe dovuto adorarlo più; anche gli parve che la mamma lo abbracciasse troppe volte al giorno, con troppa furia, quasi con paura, come se qualcuno volesse trascinarla via ed ella si aggrappasse a lui per tenersi ferma.

Intanto la piccola testa piatta di Palmina guizzava instancabile e gli occhietti avrebbero voluto frugare in petto alla signora e sapere con precisione come regolarsi meglio a vantaggio proprio. Nell'asciugarla, dopo il bagno, le sue esclamazioni ammirative si moltiplicavano, diventavano inni, e nel rialzarle i capelli, studiava il volto della signora dentro lo specchio; ma la signora guardava lontano, e il sorriso, a cui ella talora schiudeva le labbra, era vago, non dava nessuna indicazione.

Una volta Palmina le disse, raddoppiando di umiltà:

— Signora, in guardaroba ci sono alcuni fazzoletti indegni di toccar le sue nobili dita, ma troppo belli per me, meschina.

La signora, invece di alzare le spalle con indifferenza, le rispose decisa: