Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/196

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quella dipinta dal Beato Angelico; ma con fulgori di collera nello sguardo e tutta fuoco la sfera del Mondo. Sognava? Era desta? Subiva lo scherno di un fenomeno ottico, provocato dall'eccessiva tensione dei nervi e dall'esaltazione del suo spirito? Non sapeva, ma soffriva atrocemente sudava freddo per la paura, chiamò Ermanno, il quale dormiva nella stanza attigua.

— Perchè gridi così? - Ermanno le chiese, diritto in piedi presso la sponda del letto, e accarezzandole con le dita la fronte. Nel vederselo accanto ridente, avvolto nelle pieghe del lungo camice, Vanna immaginò di scorgere in Ermanno il suo buon angelo e gli cinse intorno al collo le braccia.

— Oh! Ermanno, figliuolo mio, credevo di morire!

Ermanno rideva, e quel riso di bimbo, nella penombra della stanza, dove il lumicino notturno tremava dentro una lampada di cristallo, scese al cuore di Vanna benefico, refrigerante come il suono fresco di un ruscello che cada.

— Oh! il brutto sogno! Ero sveglia e mi pare di aver sognato! - ella mormorò, abbandonandosi sopra i guanciali, ma tenendosi stretta a sè, tenacemente, una mano del bimbo.

— Io invece facevo un sogno bellissimo, quando tu mi hai svegliato con i tuoi gridi. Stavo con papà nel giardino della nostra villa; papà raccoglieva tanti gigli e mi diceva: sono tutti per la mamma.