Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/267

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Sacra Scrittura, la Sacra Eloquenza, la Storia ecclesiastica, l'ascetica, tutto egli aveva sospinto nel proprio cervello con la prepotenza della volontà, in lui imperiosa, contro la ragione in lui ribelle. Le fonti della rivelazione, il mistero del verbo uno e trino e del verbo incarnato, gli statuti dei sacramenti, gli studi sui testi sacri nelle versioni greche e latine, l'archeologia biblica, le virtù della vita illuminativa erano state per lui altrettante battaglie combattute nel suo secreto fra la coscienza implacabile nella volontà di credere, la ragione implacabile nella volontà di discernere. Sempre dentro le aule gli stessi fatti erano accaduti, come quando egli frequentava le classi del liceo: professori dotti, anzi dottissimi, versati nelle rispettive discipline, procedenti nelle indagini con modernità razionale di metodi; poscia i medesimi professori prendevano i medesimi fatti disposti naturalmente a seconda della logica, e li snaturavano, li tradivano, per edificare, sopra le loro basi teorie inaspettate, per trarre dalle premesse stabilite, con acume sapiente, conseguenze illogiche.

I chierici, in genere, prendevano appunti, mescolavano il tutto, versavano la miscela nei propri cervelli e la restituivano intatta nei giorni degli esami; alcuni pochi discutevano dentro le aule coi professori, discutevano dentro le camerate fra loro. Le parole suonavano colme di ossequio al domma; la tomistica giganteggiava, proiettando luci ed ombre dai massi ciclopici della sua vasta mole: sincere fervevano le anime, gl'intelletti volevano