Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/34

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tore morale del suo bambino. Si guardi bene di sostituire il suo proprio desiderio alla vocazione libera di suo figlio. I genitori commettono qualche volta irreparabili torti per troppo zelo. — E s’interruppe inaspettatamente, riprese la sua composta posa abituale e spianò la fronte nel timore che vi si scorgesse l’ombra di un rimpianto.

Vanna, col busto abbandonato in avanti sulla ringhiera del balcone, non osava guardare in faccia monsignore, ma era turbata da un senso dolcissimo di annichilimento, dal piacere quasi fisico di sentirsi dominata da quella volontà maschile più vigorosa della sua.

Titta, portando in mano un capace vassoio, entrò dalla porta dell’anticamera in compagnia di Palmina e Domitilla Rosa che, modestamente vestita di scuro, nascosto il capo sotto un piccolo velo nero, baciò con delicatezza la mano di monsignore, strisciò per Vanna una riverenza e prese posto in silenzio, sorridendo di un sorriso vago, come di persona assente in ispirito. Nessuno le badò; solo Ermanno le chiese:

— Dov’è Serena? Perchè non è venuta con te? Io volevo giuocare.

Domitilla Rosa, nella fissità del suo sorriso, rispose con voce velata, assai dolce:

— Oh! agnellino mio, Serena è uscita da oggi, a mezzogiorno. Credevo che fosse qui. Sarà da Villa e verrà più tardi a trovarti.

Titta offriva in giro calici snelli, resi opachi dal ghiaccio della limonata, e Palmina offriva