Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/342

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— Dissuadevo mia madre dall'attuare un progetto che io non trovo logico. Ecco perchè nel calore della discussione ho alzata la voce. Mi perdoni, signor rettore.

Monsignore, assumendo il suo fare paterno e appoggiando una mano sul braccio del discepolo, disse:

— Da qualche tempo voi siete troppo irascibile, Monaldeschi. Giudicate nemici gli altri, forse perchè voi siete nemico di voi stesso.

Ermanno aggrottò le ciglia corrucciato, ma si tenne immobile, nella posa di sommessione che la gerarchia ecclesiastica stabilisce per il chierico di fronte ai superiori.

Vanna, in piedi, mandò un lungo sospiro.

— Quante amarezze nella vita! - essa mormorò, crollando il capo tristamente - e dopo una lunga pausa disse:

— È duro, assai duro, sentire ch'è ruvida la mano da cui speravamo sostegno.

Un insulto di tosse la squassò, poi disse, col pianto nella voce:

— Rinuncio alla mia idea. Hai ragione tu, Ermanno. Ciascuno di noi deve rimanere al proprio posto.

Monsignore la guardava, sottile nelle sue vesti nere, bianca la fronte sotto il cappello nero, decorosa di alterezza nella sua umiltà, così doviziosa ancora di bellezza e grazia, ch'ella gli apparve, in visione reale, quella stessa che nelle implacabili