Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/344

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Vanna, al colmo della meraviglia, girò l'occhio da monsignore ad Ermanno, poi disse, candidamente:

— Confesso di non capire, monsignore. Su che cosa Ermanno potrebbe essere incerto? Perchè dovrebbe essere ansioso? No, non capisco.

Monsignore si apprestò, con parole caute, a spiegare meglio il suo concetto:

— Mi pareva di avere inteso che lei accusasse il nostro Ermanno di poca pietà filiale. Io posso garantirle invece che il cuore del nostro giovane è aperto a tutte le bontà, come la sua mente è alacre per tutti i sani pensieri. Il suo figliuolo nutre per lei sensi di vivo affetto; non è vero, Monaldeschi?

Ermanno, sollevato nella sua naturale atmosfera di nobiltà generosa da quelle savie parole, esclamò:

— Certo, monsignore; certo, mamma.

Vanna gli sorrise.

— Non ne dubito, figliuolo, ma qualche volta mi fai soffrire.

Monsignore intervenne.

— Questo accade, forse, perchè il giovane non è tranquillo.

— Ma perchè non è tranquillo? - domandò Vanna.

Monsignore sfuggiva le aperte frasi; voleva bensì ch'essi scorgessero la via, non voleva, non poteva precederli.

— Non tutti i terreni, per quanto fertili, sono