Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/347

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già infilate come il regolamento vuole, somigliavano a spettri, così violacei nel chiarore sparuto del giorno che nasceva, e le piccole lampadine accese somigliavano a pupille di moribondi, così pallide nel lividore della scialba luce.

In cappella, mentre il sacerdote celebrava la Messa coi gesti simbolici del rito e mentre i seminaristi, inginocchiati nei banchi, bisbigliavano preci, Ermanno pensava di assistere alla cerimonia del proprio funerale. Il campanello del chierico servente la messa squillava in acuti rintocchi affrettati e il suono trasvolava imperioso, facendo piegare le teste degli oranti; Ermanno anche piegava la testa, non già il pensiero; egli frugava intanto nella storia, a rintracciare l'origine del rito, poi soffriva per l'indagine, che gli appariva sacrilega, poi s'irrideva per la fede ch'egli tentava d'imporsi, a volta a volta superbo del suo intelletto libero; iroso contro la sua mente vigile, ch'egli avrebbe voluto schiava.

Sul mezzogiorno, sempre all'ora medesima, il sole si affacciava tra il velario delle nubi bianche, e le bianche nubi opache non valevano a smorzarne lo splendore, perchè il globo si disegnava nella sua interezza, quantunque ammantato, e inaspettatamente una freccia d'oro squarciava il velario denso per cadere nel mezzo del cortile, sullo strato della neve, e suscitare bagliori.

I seminaristi più piccoli, in ricreazione, galoppavano