Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/361

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— Ecco la pelliccia, signora.

— La pelliccia? E perchè? - esclamò Vanna con meraviglia.

— Per andare in Duomo alla messa di Natale, signora.

— È freddo. Io ho la tosse - Vanna rispose, come scusandosi.

Ma Palmina, senza prestarle ascolto, le accomodò intorno la pelliccia, le avvolse il collo nel boa e le porse il cappello di velluto.

— Mi dia retta, signora. In chiesa fa caldo; c'è bella musica. Io ci voglio andare, perchè mi piace, e lasciarla sola in casa non posso.

Vanna, senza più obiezioni, si appuntò il cappello e scese in istrada al braccio di Palmina, scortata fedelmente da Bindo e Villa Ranieri.

Il Duomo sfolgorava di lumi, e Vanna s'inginocchiò a destra, presso la cappella della Madonna. Col viso nascosto dentro le palme, pregava, e la preghiera cadeva, scivolando sopra il cuore, senza lenirlo o placarlo. Ahimè, ahimè! il cuore dunque le si era impietrito? Dunque ella non gustava più nelle sue preghiere il desiderio trepido, come quando, fanciulla, attendeva nozze? Non più la riconoscenza fervida, come quando, sposa, avvertiva sussulti nel grembo fecondato; non più nemmeno le ansie dell'amore peccaminoso, gli spasimi del rimpianto, gli slanci dell'anima nell'offrire in olocausto a Dio la giovinezza del figliuolo?

Ahimè! Ahimè! tutto era muto! La preghiera