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218 la secchia rapita


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     Era capo di banca allor per sorte
un Giacopo Mirandola, uom feroce,
nemico aperto a la romana corte,
turbulento di cor, pronto di voce.
Questi volgendo a le ragioni accorte
del romano legato il dir veloce,
con quella autoritá ch’avuta avea,
cosí parlò dal luogo ove sedea:
28
     — Il papa è papa, e noi siamin poveretti,
nati, cred’io, per non aver che mali;
e però siam da lui cosí negletti
e al popol fariseo tenuti eguali.
Se per tiepiditá noi siam sospetti,
per diffidenza voi ci fate tali;
ma se per troppo ardor, che possiam dire
se non che ’l vostro giel nol può soffrire?
29
     Fra i divoti di Dio noi siamo soli
che non godiam di quel ch’a gli altri avanza,
né possiamo ottener come figlioli
nel paterno retaggio almen speranza.
Vengono genti da gli estremi poli
e trovano appo voi felice stanza:
noi soli siam da gli avversari nostri
per esempio di scherno a dito mostri.
30
     Se in lupi si trasformano i pastori,
gli agnelli diverran cani arrabbiati:
che fra gli oltraggi quei sono i peggiori,
che ci fanno color ch’abbiamo amati.
Ha da noi Federico armi ed onori,
però ch’in libertá ci ha conservati:
egli tratta con noi con cor sincero,
e noi serbiamo fede al sacro Impero.