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26 la secchia rapita


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     Qui chiuse il Bolognino il suo sermone,
e rise ognun quanto potea piú forte.
Era capo di banca un Rarabone
Dal Tasso, arridottor cavato a sorte;
per sopra nome gli dicean Tassone,
perch’era grosso e avea le gambe corte.
Questi, poi che ’l senato in lui s’affisse,
compose il volto, e si rivolse, e disse:
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     — Che ’l vostro Reggimento abbia mandati
due personaggi suoi sí principali
a scusarsi con noi de’ danni dati
e a condolersi de’ passati mali,
nostra ventura è certo; e registrati
ne fieno i nomi lor ne’ nostri annali.
A noi ancora in ver molto dispiace
de’ vostri morti, che Dio gli abbia in pace:
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     e se per sotterrargli or qui venite,
la vostra ambascieria fia consolata;
ma quella pace che voi ci offerite
col patto della secchia, è un po’ intricata:
e convien aggiustar pria le partite
con cui voi dite che ve l’ha rubata;
perché di secchie non abbiam bisogno,
e ci crediam che favelliate in sogno. —
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     Manfredi ch’era a quel parlar presente,
cavatosi il cappuccio, e in piè levato:
— Figlio è, disse, d’un becco, e se ne mente
chi vuol dir ch’io la secchia abbia rubato.
Di mezzo la cittá nel dí lucente
io la trassi per forza in sella armato:
e tornerò, se me ne vien talento,
dov’è quel pozzo, e cacherovvi drento.