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teofrasto


Questo, Pólicle potrebbe essere un generale di Antipatro di Macedonia il quale morí in battaglia combattendo contro gli Etoli. Erano forse dedicati a Policle i «Caratteri»?

Poiché l’autore della prefazione ammette implicitamente che non c’era un proemio nell’edizione da lui letta bisognerà credere che Teofrasto avesse pubblicato il libricino senza nessun proemio. O immaginare che esso proemio fosse scomparso senza lasciare più nessuna traccia. O anche congetturare che la prefazione o proemio di Teofrasto sia stata sostituita da questa bizantina, il compilatore della quale si è affrettato a dire che in verità Teofrasto non aveva scritto nessun proemio. In ogni caso però, Diogene Laerzio, e, prima di Diogene, l’epicureo Filodémo di Gàdara, conoscevano un’edizione dei «Caratteri» che non aveva questa prefazione, ma che o n’era priva del tutto, o ne aveva un’altra assai diversa.

I.


LA FALSITÀ

La falsità1, a considerarla in generale, parrebbe essere simulazione in peggio di fatti e di parole, e l’uomo falso un tale che quando si accosta ai propri avversari consente a conversare con essi, non mostra rancore2. E loda, se sono presenti, quelli che assenti vitupera3, e se poi hanno la peggio si conduole con essi; e mostra indulgenza per chi ha sparlato di lui e per le maldicenze fatte sul suo conto, e parla affabilmente con chi ricevuto un torto se ne sdegna. E a chi avrebbe premura di parlargli dice di ripassare; e allega pretesti di essere arrivato da poco, che gli si è fatto tardi e che non si sente bene. E non dice mai di fare quel che sta facendo, ma dice che ci sta pensando; e, a chi gli chieda danaro a pre-


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    meno scientifica. E la prefazione difatti comincia con una dichiarazione di stupore, ricalcando un vecchio e vieto motivo della retorica isocratea: saepe et multum hoc mecum cogitavi. Ma stupui è assai più che cogitavi, ed è demostenico.