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libro terzo 281

maniera che da’ più dotti filosofi de’ nostri giorni si sogliono dichiarare. Odasi come fra le altre cose espone felicemente Lucrezio, e in modo, dice M. Dutens (Recherches sur les découvertes des Modernes t. 1, p. 139), che farebbe onore al più sperimentato fisico di quest’età, la ragione della diversa velocità con cui cadono i corpi:

Nam per aquas quaecumque cadunt, atque aëra deorsum,
Haec pro ponderibus casus celerare necesse est;
Propterea quia corpus aquae, naturaque tenuis
Aëris haud possunt aeque rem quamque morari,
Sed citius cedurit gravioribus exsuperata.
At contra nulli de nulla parte, neque ullo
Tempore inane potest vacuum subsistere rei,
Quin, sua quod natura petit, concedere pergat.
Omnia quipropter debent per inane quietum
Atque ponderibus non aequis concita ferri.

L. 2, v. 225, ec.

V. Lucrezio si annovera a ragione tra’ più eccellenti poeti. Vedesi in lui ancora qualche affumicato avanzo dell’antica rozzezza; ma l’eleganza, la grazia, la proprietà di espressione, che in lui trovasi comunemente, è singolare, e tanto più maravigliosa, quanto più difficile era l’argomento da lui preso a trattare. Quindi giustamente disse di lui Ovidio (l. 1 Amor. el. 15);

Carmina divini tunc sunt moritura Lucreti,
     Exitio terras cum dabit una dies.

E degno d’eterna memoria egli è ancora per questo, che a lui in certa guisa dobbiamo molti eccellenti poemi filosofici che in questi ultimi tempi a imitazione di Lucrezio sono stati composti, e due singolarmente che sembrano sopra