Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/535

Da Wikisource.

4S6 PARTE TERZA questo punto del Magliabecchi, come stampata negli Atti di Lipsia dell’anno 1707; ma io non vi ho potuto trovare che la notizia di queste lettere stesse, con un brevissimo cenno di ciò che vi si conteneva (p. 278). Ancorchè nondimeno ci mancassero tutte queste ragioni, io credo che la sola lettura dell’opera dell’Alcionio possa bastare a difenderlo da questa taccia. Io ho voluto leggerla interamente, e confesso che non so intendere come siasi potuta dare all’Alcionio sì fatta accusa. Perciocchè o pretendesi ch’egli tutta l’opera di Cicerone, o una gran parte di essa abbia nella sua incorporata e trasfusa, o che solo qualche picciol frammento ne abbia qua e là inserito. Quanto al primo, io sfido chiunque ha letta l’opera dell’Alcionio a dire se ciò possa affermarsi colla menoma apparenza di probabilità. L’opera di Cicerone intorno alla Gloria altro non doveva essere certamente che un tr «italo di ciò in che essa consista, de’ mezzi per conseguirla, de’ vantaggi che se ne traggono, e d’altri sentimenti di tal natura. Or che ha ciò che fare coll’opera dell’Alcionio, in cui di null’altro si tratta che dell’esilio, e si mostra che esso e gli effetti che l’accompagnano, non sono così gravosi e molesti, come volgarmente si crede? Se si parla degli onori, ciò non è che a mostrarne la vanità, e a spiegare come l’uom possa agevolmente viverne lungi, di che diverso certamente dovea essere il sentimento di Cicerone. Aggiungasi che moltissimi fatti e moltissimi autori vi si arrecano de’ tempi posteriori; che molte cose v i si raccontano dell’età stessa a