Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo I, Classici italiani, 1822, I.djvu/9

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viii vita

le memorie che rimanevano di quella religione incominciata sul principio del secolo XI, lungamente fiorita in Italia, ed abolita dal sommo pontefice Pio V nell’anno 1571, perchè affatto degenerata dalla sua istituzione, furono dal Tiraboschi diligentemente ricercate. Ei ne divolgò le più importanti, e ne formò una storia pregevolissima per l’eleganza del latino idioma, per la scelta delle materie e per la scoperta di alcune cose per lo innanzi quasi sconosciute, giacchè tutti sanno da quali tenebre coperta sia la storia così sacra come civile e letteraria di quel tempo che suol dirsi medio evo. Nell’illustrare la quale egli operò a quel modo che fu sempre suo prediletto, e consiste nel cavare dagli archivii i più sicuri monumenti, da cui i posteri vengono animati a vivere con virtù, onorati e gloriosi; nel che non è meno lodevole l’esecuzione dell’opera, che l’intenzione dell’autore. Esso non istimava punto quelle cose a cui non va congiunto l’utile altrui. Al quale sperando di poter contribuire se gli fosse conceduto un ozio onorato, di buona voglia acconsentì, o piuttosto obbedì all’autorevole richiesta di Francesco III duca di Modena, dal quale fu nominato Prefetto della Biblioteca Estense unitamente a’ due suoi confratelli Troili e Gabardi. Allora cominciò ad adoperarsi con ogni studio intorno ad un’opera che già da lungo tempo meditava, cioè a scrivere una Storia d’Italia, la quale in breve contenesse la narrazione di tutto ciò che alla letteratura si riferisce. Ne prese le mosse dai più antichi