Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/128

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favorevolmente sentisse di Germanico, non sarebbe a stupire che uno storico adulator vilissimo di Tiberio, ai cui tempi scriveva, cercasse di oscurar la fama di un eroe il cui nome e le cui virtù erano un troppo spiacevol rimprovero a quel tiranno. Di fatto fu comune opinione che la morte, da cui nella fresca età di soli trentaquattro anni ei fu rapito in Antiochia l’anno dell’era volgare xx, fosse effetto di gelosia nell1 invidioso Tiberio, che dell’opera di Gneo Pisone si valesse per avvelenarlo (Svet. l.C.). Ma se di tal delitto fu egli reo, ebbe certo a vergognarsene nel vedere il dolore e la costernazion generale de’ Romani al risaperne la morte 3 poiché essa fu tale che forse non ve ne ha esempio in tutte le antiche storie. Era questo un oggetto che spiaceva troppo a Tiberio; ed egli ebbe o la crudeltà, o l1 impudenza di pubblicare un editto con cui vietava il dar più oltre dimostrazion di dolore per la morte di Germanico; ma ebbe anche la confusione di vedere i Romani ridersi alteramente del suo editto, e continuare il lutto sulla morte dell’ottimo principe. III Delle orazioni e delle commedie greche da Germanico scritte nulla ci è rimasto; ma eh1 ei fosse creduto eccellente oratore, raccogliesi da ciò che x acconta Tacito (l. 2 Ann. c. 83), cioè che erasi determinato, poichè se ne riseppe la morte, di collocarne un’immagine più grande dell’ordinario e fregiata d’oro tra quelle degli oratori più illustri; ma che l’invidioso Tiberio a ciò si oppose, dicendo che avrebbegliela fatta collocare egli stesso, ma uguale alle altre, ili. Sue operr pjelicbe.