Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/180

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e che altre poesie ancora avea egli composte in diversi e difficili metri. Sembra però che questa facilità di poetare fosse l’unico pregio di Palemone, perciocchè Marziale il chiama poeta di piazza e di circolo: Scribat carmina circulis Palaemon; Me raris juvat auribus placere. L. 2, epigr. 86. Di Cesio Basso poeta lirico parla con lode Quintiliano (l. 10, c. 1), il quale dopo aver detto che Orazio è pressochè il solo tra’ latini lirici degno d’essere letto, soggiugne: che se alcun altro tu vuoi aggi ugnagli, e’ sarà Cesio Basso cui di fresco veduto abbiamo. A’ tempi di Quintiliano altri lirici dovean esservi di merito assai maggiore: perciocchè egli segue dicendo: ma di molto gli vanno innanzi que’ che ora vivono. Ma chi essi fossero, egli nol dice, nè noi possiamo conghietturarlo. Uomo di forte e poetico ingegno dallo stesso Quintiliano si dice Salcio Basso (ib.), benchè aggiunga che neppure in vecchiezza non fu abbastanza maturo. Dall’autor del Dialogo sul decadimento dell’eloquenza egli è appellato perfettissimo poeta (Dial. de Caus. corr.Eloq. n. 5 e 9), ma insieme poco felice, poichè ei narra che Basso dopo avere per un anno intero sudato a comporre un libro di poesie, era cosi rei io a pregare chi volesse compiacersi di udirle; e che anzi gli conveniva chiedere a pigione la casa, e farvi costruire il luogo onde recitarle, e prendere a prestanza le scranne, e dopo tanti disagi e tante spese esser pago di uno sterile applauso.