Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/565

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5a8 libro coinè con molti argomenti dimostra il P. Giuseppe Rocco Volpi della Compagnia di Gesù (J:’t. Latium, t. 3, p. 143), il quale inoltre opportunamente al nostro intento riflette che la persuasione in cui erano i Romani e gli altri antichi Idolatri che i teatrali spettacoli molto contribuissero a placare lo sdegno degl’Iddii, dovette rendere assai frequenti i teatri. Io ben so che il vedere in una città il teatro non basta a conchiudere che vi sian valorosi poeti. Ciò che abbiam sotto gli occhi ne’ nostri tempi, ci può servire di norma a ragionar su gli antichi. Ma nondimeno egli è certo, e noi appunto il veggiamo colla sperienza, che in una provincia in cui siano frequenti i teatri, benchè spesso si rappresentino in essi tragedie e commedie di antichi o stranieri autori, appena però è mai che non vi siano alcuni poeti che mossi dall1 occasione e dalla speranza di farsi nome si volgono a coltivare la poesia drammatica. Quindi il veder sì frequenti i teatri in Italia a’ tempi di cui parliamo, può essere sufficiente argomento a inferirne l’amor e lo studio della teatral poesia negli abitanti. VII. Di questo argomento medesimo potrei valermi a mostrare il lieto stato della letteratura anche in quelle altre città e provincie che ora sotto il nome di Lombardia vengon comprese, perciocchè egli è verisimile che in esse ancora fosser teatri; e per riguardo ad alcune potremmo ancora asserirlo con probabile fondamento, come in Brescia, dove Ottavio Rossi afferma esisterne ancora i vestigi (Mem. Bresciane, p. 32). Ma come ne abbiam altre anche