Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo II, Classici italiani, 1823, II.djvu/733

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II. Essi non di meno soffrirono gravi danni, e per qual ragione. 6(jG LIBRO II. L’istituzione però di questo magistrato ci mostra che cominciava allora a insinuarsi nell’animo di alcuni quel barbaro entusiasmo di spezzare ed infrangere gli antichi pregevoli monumenti. (26). A questo furore dovette dare singolarmente occasione l’ingordigia di alcuni dei più potenti cortigiani, i quali, come raccogliesi da Ammiano Marcellino (l. 22, c. 4) e da Libanio (ap. Vales. in not. ad. Amm. l. cil), spogliavano i tempii de’ più ricchi e più preziosi ornamenti per arricchirne i loro palagi. Perciocchè è verisimile che alcuni della più rozza plebe amasser meglio di veder le statue atterrate ed infrante, che di vederle fatte preda di avidi usurpatori. Molto più che essendo allor grande in Roma il numero degli stranieri, questi che non sentivano in cuore l’amor della patria, doveano essere indifferenti o insensibili alla perdita e al guasto di sì preziosi tesori. Il soverchio e non ben regolato zelo di alcuni Cristiani concorse ancora probabilmente al danno di Roma; poichè poteva da alcuni credersi facilmente o utile, o forse ancor necessario il togliere ogni monumento di profana antichità, senza ben distinguere ciò ch’era contro la religione, da ciò che le era indifferente. Quindi Onorio dovette pubblicare una legge (Cod. Tlicod. (*) L’abuso di spezzare gli antichi monumenti romani non cominciò ad introdursi soltanto quando cominciò a corrompersi il buon gusto, ma anche a’ più lieti tempi della repubblica ne troviam qualche esempio; e Cicerone fa menzione di un certo Tizio qui sigila sacra noctu frangere putaretur (De Orat. I. 2, c 62).