Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/278

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SECONDO 2 I 7 i Saracini in quest’isola, e trovativi i bronzi e gli altri ornamenti che da Costante non erano stati mandati ancora a Costantinopoli, se ne fecer padroni, e ogni cosa seco portarono in Alessandria (Paul. Diac. ib. c. 13). II. Non può nondimeno negarsi che i re longobardi non avvivassero in qualche modo lo studio delle belle arti, e dell’architettura singolarmente. Non vi ha quasi alcuno tra essi di cui non si rammenti qualche edificio per lor comando innalzato. Pavia ricorda in ogni sua parte monasteri e chiese, opere della pietà e della magnificenza de’ suoi sovrani, singolarmente dacchè essi ebbero abbracciata la cattolica religione. La chiesa di S. Salvadore fatta innalzare da Ariberto I (Murat. Ann. d’Ital, ad an. 660), il monastero di S. Agata a Monte da Bettarido (id. ad an. 675), quello di S. Maria di Teodata ossia della Pusterla da Cuniberto (id. ad an. 700), quel di S. Pietro in Ciel d’oro da Liutprando (id. ad an. 722), il magnifico tempio di S. Michele maggiore, che a un di essi pure dee la sua fondazione (id. adan.65o), la basilica in onore di S. Giambattista, e il suo palazzo fabbricato in Monza dalla regina Teodolinda (Paul. Diac. I. c. 20) ci fan vedere ch’essi amavano la magnificenza degli edificj (17). Quindi nelle leggi de’ Longobardi troviam talvolta fatta menzione di fabbriche e di muratori; (a) Veggansi su questo punto le Memorie della Chiesa Monzese nella dissertazione seconda , ove il ch. sig canonico Antonfrancesco Frisi con molta esattezza ed erudizione esamina tutto ciò che alla munificenza della reina Teodolinda appartiene.