Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/301

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a4v LIBRO e eh* ei non fu in Italia se non per qualche di voto pellegrinaggio. Così non è possibile l’accertar cosa alcuna, e si commettono errori ancora non piccioli, quando non si vogliono esaminare attentamente i detti de’ più antichi scrittori, e ove essi ancora si contraddicano, esaminare a cui debbasi maggior fede. Ma io riprendo in altri un difetto in cui forse sarò caduto io stesso non rare volte, e da cui appena è possibile che sempre guardisi un uomo, anche per questa sola ragione ch’egli è uomo. VIII. Or da tutto il detto fin qui a me par j di potere con qualche sicurezza affermare che

la venuta in Francia dei" due dottissimi saltimbanchi scozzesi è una pura invenzione, non

dirò già ritrovata, ma troppo facilmente adottata dal Monaco di S. Gallo-, che non si sa chi sia quel Clemente, e molto men quel Giovanni, che si voglion venuti alla corte di Carlo Magno in tal occasione; che fu veramente spedita un’ambasciata da uno de’ re d’Inghilterra a Carlo Magno, ma che non è probabile che vi avesse parte Alcuino, perciocchè lo scrittore della sua Vita, che in ciò è più degno di fede, afferma ch’egli si avvenne a caso con Carlo Magno in Parma; che non vi è alcun argomento a provare che in una tal ambasciata vi fosser uomini dotti de’ quali si valesse poi Carlo Magno; il che si rende ancor più certo dalle lettere stesse di Offa e di Carlo, nelle quali non vedesi fatta menzione alcuna di tali uomini; la qual cosa, singolarmente da Carlo Magno, non sarebbesi ommessa; e che perciò essendo questo l’unico fondamento a cui si possa