Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo III, Classici italiani, 1823, III.djvu/567

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5o6 LIBRO in cui i cognomi delle famiglie non usavansi ancora; ma nel secolo XII essi già cominciano a vedersi. Egli è vero che nel codice dal Muratori veduto non si legge che il puro nome di Mosè; e che questi non accenna mai ne’ suoi versi di essere di tal famiglia. Ma ciò non ostante, le lodi di cui egli onora, come si è detto , il vescovo Ambrogio dei Mozzi, gli elogi eli’ ei fa di questa famiglia, e la descrizione del Castello di Mozzo, onde questa famiglia trae il suo nome, ci sono un assai forte argomento a credere ch’egli fosse appunto di questa stessa famiglia, benchè egli espressamente nol dica. Certo non si adduce dal Muratori pruova di sorta alcuna a mostrare che ciò non fosse. Benchè fosse però il nostro Mosè uomo sì dotto, come abbiam veduto poc’anzi, il suo poema, per vero dire, è assai barbaro e rozzo, e, ciò che più il rende nojoso a leggersi, coi versi rimati l’uno colf altro all’uso de’ Francesi. Ma già abbiamo osservato che anche i più dotti uomini di questa età erano assai mediocri poeti. X. Il meno incolto fra i poeti di questo tempo è Lorenzo diacono della chiesa di Pisa , e natio o di Verona, o, come altrove si legge, di un luogo, qualunque egli sia, chiamato Verna. Viveva egli al principio del XII secolo, quando i Pisani intrapresero e condussero felicemente a fine negli anni 1114 e 1115 la famosa spedizione contro le Isole Baleari, di cui si fecer signori. Questa prese egli a descrivere con un poema diviso in sette libri, che per la prima volta fu tratto a luce dall1 Ughclli (Itili, sacra