Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo IV, Classici italiani, 1823, IV.djvu/273

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a5a libro sua traduzione miseramente guasto e corrotto. Ma io credo che il Campano non si meritasse tal ripassata, e ch’egli non traducesse mai Euclide, ma solo il comentasse. Una osservazion diligente che io ho voluto fare su’ codici mss. che se ne veggono annoverati nel Catalogo della Biblioteca del re di Francia (t. 4, p. 327, cod. 7213, 7214, 7216), e in quello de’ Manoscritti dell’Inghilterra e dell’Irlanda (t. 1, p. 86, cod. 17925 p. 162, cod. 3359), me ne ha convinto; perciocchè in essi non mai si dice il Campano traduttore d’Euclide, ma solo comentatore; anzi in alcuni di essi chiaramente si afferma che il traduttore fu Adelardo goto monaco del monastero batoniese in Inghilterra nel secolo XII, di cui di fatto dice altrove il Fabricio (Bibl. med. et inf. Latin, t. 1, p. 11) che tradusse dalla lingua arabica nella latina Euclide. Così nel codice 7213 della Biblioteca del re di Francia: Euclidis Elementorum libri XV ex arabico in latinum ab didelfi ardo gotìio lìat/ioniensi conversi cum Commentario Campani Novariensis; e nel codice 3359 de’ Manoscritti dell1 Inghilterra e dell1 Irlanda: Euclidis Elementorum libri XV ex versione y1 dell/ardi de arabico cum Commentario magistri Campani Novariensis. Diasi dunque all’inglese Adelardo la colpa di aver fatta su una cattiva arabica una peggior versione latina di Euclide, e al nostro Campano rimanga la gloria di averlo illustrato, quanto era possibile in que’ tempi sì tenebrosi. Egli affaticossi inoltre intorno al famoso problema della quadratura del circolo 5 e il trattato che su ciò egli scrisse, vedesi stampato nell’Appendice alla Margharita Philosophica.