Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 1, Classici Italiani, 1823, V.djvu/372

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secondo 335 presente, dall’Orologio. Ma a chi di essi si dee sì ingegnoso ritrovamento? Lo Scardeone (De antiq. patav. l 2, d 9) e il Portenari (Felicità di Pad. l. 7, c. 7) lo attribuiscono a Jacopo, e dietro loro hanno affermato lo stesso gli altri scrittori non sol padovani, ma oltramontani ancora, fra’ quali M. Falconet ha pubblicata una dissertazione su questo argomento (Mém. de VAcad. deslnscr. t. 20, p. 44°)? di cui pure allo stesso modo ragionano l’ab. de Sade (Mém. de Petr. t. 3, p. 776) e il Montucla (Hist des Mathém t. 1, p. 438). Il ch. ab. Lazzeri, al contrario, prima d’ogni altro tra’ moderni, ha affermato e ha provato col testimonio di un autore contemporaneo, che questa invenzione deesi a Giovanni (Miscell Coll. Rom. t. 1, p. 124). A chi dunque dobbiamo noi concedere una tal lode? Io penso ch’ella forse debbasi in parte al padre Jacopo, e in parte, ma assai maggiore e con assai maggiore certezza al figlio Giovanni. Esaminiamo attentamente le cose, valendoci a tal fine degli autori o contemporanei, o almen vicini di tempo a’ fatti di cui scriveano. XXVIII. Nella Cronaca di Padova, scritta da’ Xq’)|J,’ìo Cortusii, abbiamo che l’anno 1344 Per comando po»io *./Ìi» di Ubertino da Carrara, signor di quella città, i®"* r’vr 1‘. fu posto sulla sommità della torre di quel pubblico palazzo un orologio; Eodem Mense (mar-diti 0) Horoio giù m xxiv horarum iussu Domini ponitur in summo Turris Palatii (Script. Rer. ital vol 12, p. 912). Lo stesso confermasi da Pier Paolo Vergerio il vecchio scrittor vicino a que’ tempi, che, parlando dello stesso Ubertino, dice: Horologium} quo per diem et noctcm