Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/476

Da Wikisource.

1)8 O LIBRO VII. La pittura ne’ precedenti tomi ci ha occupati assai lungamente, perchè conveniva o disotterrare memorie finora non conosciute, o esaminare quistioni non ancor ben decise. Il secol presente ci dà un gran numero di pittori , poichè il plauso che ottenuto aveano Cimabue e gli altri dello scorso secolo, avea acceso in non pochi il desiderio di pareggiarne la gloria. Le lor pitture però, che confrontate allora con quelle de’ loro predecessori per poco non sembravan divine, ora appena altro pregio conservano che quello dell’antichità veneranda , per cui volentieri si dimentica la loro rozzezza. Io perciò sarò pago di annoverare alcuni pochi, de’ quali è rimasta più chiara fama. Il Petrarca, nel passo da noi poc1 anzi allegato, fra tutti i pittori dell* età sua dà a due singolarmente la preferenza, cioè a Giotto fiorentino e a Simone da Siena. Di Giotto un breve ma luminoso elogio ci ha lasciato Filippo Villani che, secondo la traduzione pubblicatane dal co. Mazzucchelli, così ne dice (Vite d ili. Fiorent. p. 80, ec.): Dopo lui (Cimabue) fu Giotto di fama illustrissimo, non solo agli antichi pittori egualef ma d arte e d ingegno superiori». Questi restituì la pittura nella dignità antica, et in grandissimo nome, come apparisce in molte dipinture, massime nella porta della Chiesa di San Pietro di Roma, opera mirabile di musaico, e con grandissima arte figurata. Dipinse eziandio a pubblico spettacolo nella Città sua con ajuto di specchi se medesimo, ed il contemporaneo suo Dante Alighieri poeta nella Cappella del palagio della Podestà nel