Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/438

Da Wikisource.

422 LIBRO romana. Nello conferenze con essi tenute Alberto serviva d’interprete , ne è a dubitare ch’ei non ragionasse ancora come teologo. Tra le opere in fatti da lui composte, e che furon pubblicate in Roma nel 1688, oltre molte lettere ed alcuni sermoni, si hanno alcuni trattati di argomento teologico, e uno singolarmente sulla Penitenza, e un altro sull’Eucaristia. Il catalogo di tali opere si può vedere presso il Wadingo (Bibl. Ord. Minor.), l’Oudin (De Script eccl t. 3, p. 2374)» e l’Argelati. Egli, era amico al medesimo tempo degli uomini eruditi di quell’età, come del Barbaro, di cui oltre la lettera già citata, ne abbiamo un’altra scritta ad Alberto (ep. 75, p. 98), e di Ambrogio camaldolese, di cui dice lodi grandissime in due lettere scritte a Niccolò Niccoli (Ambr. camald. l. 25, ep. 4? 5), e abbiam pure una lettera di Ambrogio al medesimo Alberto (l. 2, ep. 20). Ed era pure amico del Poggio, benché, avendo questi scritto in dispregio de’ religiosi, il confutasse con una lunga lettera in lor difesa, che con altra sua lettera è stata pubblicata ancora da’ PP. Martene e Durand (l. cit.). E io non so onde abbia tratto l’Argelati, che la risposta al Poggio sia scritta in versi, mentre ella dal principio al fine è tutta in prosa. Dopo il concilio di Firenze proseguì Alberto ad enunciare a molte città d’Italia la divina parola. E celebre, fra le altre, fu la predicazione da lui fatta in Brescia l’anno in cui gli venne fatto non sol di condurre molti a vita più esemplare, ma