Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/83

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PRIMO 67 diremo altrove; la scelta da lui fatta di due dottissimi uomini, cioè di Lodovico da Ponte e di Niccolò palermitano per suoi oratori al concilio di Basilea (l.:2, n. 11); le lettere da lui richiamate nel suo regno d1 Aragona, onde da molti secoli erano al bando (l. 1 , n. 5); il lustro da lui accresciuto alle scuole di Napoli e alle teologiche singolarmente, alle quali andava egli stesso talvolta a piedi, benchè fosser lontane, e con somma attenzione udivane i professori (ib. n. 39); la cura ch’ei si prendeva di far istruir negli studj i giovani dotati di grande ingegno , ma poveri di sostanze , cui raccomandava perciò altri ai professori d’eloquenza, altri a’ filosofi, somministrando quanto lacca bisogno al loro sostentamento; e il donar che faceva a’ teologi parimente poveri, con che giugnere all1 onor della laurea, e l’assistere egli stesso alla cerimonia solenne con cui essa veniva lor conferita (l. 2, n. 52). Finalmente, dopo avere questo scrittore tessuta una numerosa serie d’uomini dotti mantenuti alla corte d’Alfonso, io lascio in disparte, dice (ib. n. 61), i filosofi, i medici, i musici, i giureconsulti, de’ quali è piena la reggia, tutti dal re onorati e arricchiti, perciocchè se di tutti volessi non già formare un encomio, ma ripetere i soli nomi, a ciò solo richiederebbesi un gran volume. Magnifico è parimente l’elogio che di questo re ci ha lasciato il pontefice Pio II nella sua Descrizion dell’Europa, e di cui recherò qui qualche parte secondo la traduzione di Fausto da Longiano (c. 65). In ogni etade di sua vita diede opera alle Lettere, peritissimo nell’arte