Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/346

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9^8 ’ LIBRO p. 4^ j ed. Fir. 1548). Ma egli è stato con ragioni fortissime confutato da Apostolo Zeno (Di ss. voss. t. 1 , p, 100, ec.), il quale prima di ogni altro ci ha date intorno a questo scrittore le più esatte notizie, confermando ogni cosa con autentici monumenti. Ma nulla egli ci ha detto de’ primi studj, e dei maestri di esso; e noi ne abbiam la notizia alla prefazione di Leonardo Dati a’ suoi Comenti su’ libri della Città di Vita dello stesso Matteo, pubblicata dal ch. canonico Bandini (Specim. Literat. flor, t. 2, p. 50 ec.). In essa egli dice che fin da’ più teneri anni cominciò Matteo a studiar l’aritmetica; e che passando poscia a cose migliori, apprese da Sozomeno da Pistoia la gramatica e la rettorica j e che finalmente da Ambrogio camaldolese e da Carlo aretino fu diligentemente istruito a scrivere con eleganza in greco e in latino. A’ quali maestri di Matteo aggiugne Paolo Cortese anche Giovanni Argiropulo (De Homin. doct. p. 43). Nel 1439) intervenne al concilio generale in Firenze. Più volte fu in sua patria onorato de’ pubblici magistrati, ed ebbe ancora la suprema dignità di gonfalonier di giustizia. Più volte fu incaricato di onorevoli ambasciate , come nel 1455 ad Alfonso re di Napoli, nel 1466 a Paolo II, a’ Sanesi e al Cardinal legato di Bologna, e per ultimo nel 1473 a Sisto IV. Alle quali ambasciate due altre ne aggiugne il suddetto Leonardo Dati, cioè a Callisto III e all’imperador Federigo III, benchè io non so intendere come la prima si dica da lui intrapresa in età giovanile, adhuc adolescens ad Calixtum III Pont. Maxperciocché