Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/113

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TERZO *26i> soggiorno con diversi piccoli viaggi, dei’ quali ei fa menzione nelle sue Lettere ib. p. i.ìc), »42, i52, 168, ec.); e fu ancora a Roma a’ tempi di Paolo III, ove da quel pontefice fu onorevolmente accolto, e poichè fu di ritorno a Ferrara, ne ricevette onorevolissime lettere (ib. p. 216, 217). Abbiamo altrove accennato (l. 1, c. 5, n. 18), ch’egli finì di vivere non nel 1546, come molti hanno scritto, ma nel 154 * a1 17 di’aprile. Delle opere da lui lasciate, e che dopo la morte di esso furono unitamente stampate in Basilea nel 1544? e a^re slmnpale a parte, si può vedere il catalogo presso il P. Niceron Mém, des Homm. illust. t. 26.p. 233). Molte di esse appartengono alle antichità, perciocchè oltre i tre libri intitolati Quaestionum epistolicarum, ne’ quali egli tratta spesso di tale argomento, di lui abbiamo il trattato De Ilebus aegj'ptiacis, in cui ragiona principalmente dell’uso e della significazione de’ geroglifici, il trattato De re nautica, e quello De Talorum, \T'csserarum et Calculorum ludis. Altre appartengono alla filosofia, alla morale, alla politica; e abbiam già osservato ch’ei fu un de’ primi a sostenere il movimento della terra intorno al sole. Nella poesia latina ancora egli si esercitò; e pare ch’egli avesse più felice disposizione a scrivere in verso che in prosa. Ardì di parlare con qualche disprezzo di Cicerone, facendo una critica de’ libri degli Ufficii. Nè fu questa l’opera del Calcagnini, che avesse maggior applauso, e fu confutata da Marcantonio Maioragio, il cui libro però non uscì in pubblico che più anni dopo la morte del Calcagnini. In questa