Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/291

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8i5 ultamente della Divinità e della Provvidenza, qual fu Seneca; e in confronto suo voler far credere di un carattere onestissimo e virtuoso un derisore, della Divina Provvidenza, un combattitore delf immortalità dell’anima, qual fu C. Plinio? Ma di grazia, ove mai ho io scritto che Plinio il Vecchio fosse un uomo di carattere onestissimo e virtuoso? Legga e rilegga il sig. abate Lampillas tutto il passo in cui io ne ragiono* e s’ei vi trova queste, o somiglianti parole, io mi do vinto. Io dico, è vero, che Plinio fu di carattere ed ebbe un tenor di vita assai diverso da quel di Senecaj ed è vero ch’io ho creduto, e credo tuttora, che Seneca fosse un uomo vizioso e un solenne ipocrita. Ma ne siegue egli perciò, che se Plinio fu di carattere assai diverso da Seneca, fosse uom di carattere onestissimo e virtuoso? Non posson forse trovarsi due o più uomini tutti viziosi, e tutti di carattere l’un dall’altro diverso? Se Seneca fu un ipocrita, se Plinio fu un ateo libertino, non furon essi di carattere assai diverso? E il carattere non abbraccia forse ugualmente e l’indole naturale, e il tenor di vita, e il talento e lo studio e i costumi e più altre relazioni? Con qual fondamento dunque afferma il sig. aliale Lampillas che io dipingo Plinio il Vecchio come uomo di carattere onestissimo e virtuoso? Dico in secondo luogo che il sig. abate Lampillas mi accusa di aver dissimulate cose eli’ io non ho in alcun modo dissimulate. Udite come ei mi rimprovera di aver aspramente trattato Lucano (par. 1, p. 264): Se Lucano avesse Tikàboschi, Voi. XV. 18