Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/415

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le mie. Fra le cose che ci mostran la barbarie de’ bassi secoli, io ho accennato a pag. 38 l’uso allor frequente in Italia d’imporre per gastigo la cessazione de’ pubblici studi, e di sottoporre le scuole, non altrimente che se fossero cose sacre, all’ecclesiastico interdetto. In ciò io ho mancato, come V. P. reverendissima mi fa conoscere, per ignoranza di storia e per ignoranza di diritto canonico. Di storia, perchè il silenzio alle università fu imposto per le ree dottrine che sostenevano: di diritto canonico, perchè anche a un corpo non sacro si può stendere l’interdetto. Io dunque in un’altra edizione correggerò questo passo, e recherò i fatti medesimi a mostrare il buon gusto che allor regnava; dirò che le università costrette a tacere, erano infette di ereticali dottrine (ma converrà ch’ella si compiaccia di somministrarmene le pruove che a me non è stato possibile il rinvenirle), e dirò che quando si fulmina l’interdetto sopra una città, anche le scuole si debbono chiudere, e che sono in ciò d accordo , come ella mi insegna, tutti i teologi e i canonisti anche di questo secolo, che si spaccia per illuminato. Quel giusto sdegno che ha animato poc’anzi V. P. reverendissima contro Federigo II, la accende poco appresso contro l’illegittimo di lui figlio Manfredi; e perchè io a pag. 60 ho scritto ch’egli ebbe sempre contraria la corte di Roma, ella fa osservare che non X ebbe contraria in quel che conveniva, e con ciò distrugge del tutto ciò ch’io ho affermato, e previene le ree conseguenze che dal mio detto si potrebbon dedurre.