Pagina:Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo, Verona, 1815.djvu/300

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288 libro iv.

mio merito; acciocchè meglio mi sia aperta la tua bontà, e in me s’ingeneri maggior carità, ed umiltà più perfetta siami raccomandata. Però adunque che ciò piace a te, e tu hai ordinato che si facesse così; piace anche a me questa tua degnazione. ed oh! fosse pure, che impedimento non ci mettesse la mia iniquità.

2. O dolcissimo, e benignissimo Gesù, di quanta riverenza, e rendimento di grazie con laude perpetua non ti son io debitore, per la comunione del sagrato tuo corpo! la cui dignità nessuno è degli uomini che basti a spiegare. Ma io in questa comunione che penserò di far io, in accostandomi al mio Signore? al quale render debita venerazione non posso, e vorrei non pertanto ricevere divotanente. Qual fia migliore e più salutevol consiglio, se non ch’io umilj tutto me stesso nel tuo cospetto, ed esalti quell’amore infinito che tu m’avesti? Molto io ti laudo, o mio Dio, ed in eterno ti esalterò. Io ho in dispetto me stesso, e nel profondo della viltà mia soggettomi a te.

3. Ecco, tu sei il Santo de’ Santi; ed io bruttura d’ogni peccato. ecco,