Pagina:Torriani - Senz'amore, Milano, Brigola, 1883.djvu/182

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loro caratteri. La sua malattia lo distolse alquanto dai pensieri turbolenti che lo agitavano. Aspettava le nuove dell'infermo con ansietà, ed aveva ripreso a scrivere all'amico, per dargli coraggio e dirgli parole di simpatia. Un giorno ricevette un biglietto brevissimo: «Mio padre è morto quasi improvvisamente, quando pareva che cominciasse a star meglio. Sono solo al mondo.»

Erano vicine le feste di Natale. Vincenzo domandò una licenza per andar a passarle in famiglia, e partì, impaziente come Damone accorrente alla salvezza di Pizia.

Prima di andare a Santhià scese a Vercelli, e corse a vedere il cugino nella fattoria dove aveva vissuto quegli ultimi anni con suo padre, e dove l'aveva perduto. I due fanciulli erano molto cambiati, ma si riconobbero subito. Tutti e due erano cresciuti. Vincenzo era forte, quasi grasso, colorito in volto, ed una folta barba nera, sebbene accuratamente rasa, gli coloriva di una tinta azzurrina le guance ed il mento. Vicenzino invece, più alto del cugino di quasi un palmo, era pallido e magro. I suoi dolci occhi turchini erano abbattuti dalle veglie e dal pianto, ed i capelli biondi, arruffati sulla fronte gli facevano una bella aureola, da arcangelo.

La loro lunga corrispondenza li aveva fatti conoscere così intimamente l'uno all'altro, che ogni soggezione era scomparsa fra loro, ed al primo vedersi si stesero le braccia, come se, prima di quella separazione, avessero già vissuto molto