Pagina:Tozzi - Giovani, Treves, 1920.djvu/32

Da Wikisource.

un’osteria 25


— Di che le vuoi parlare allora?

— Lasciala in pace.

Ella si disponeva ad andarsene, ma pareva vergognarsi di far così presto, e chiese alla donna che non s’era mai mossa:

— È caldo il letto?

— Dev’esser presto.

Io le chiesi sottovoce:

— Chi è?

— La padrona: è cieca. Ora la fanno mangiare.

Infatti il suo marito le mise su le ginocchia una pentola dov’era la minestra e le dette un cucchiaio d’ottone, ch’ella stringeva con la bocca; quasi succhiandolo tutte le volte che lo ricavava.

Uno dei facchini ci chiese, per derisione, e per farci sapere quello che avevano pensato fin da quando ci avevano visti:

— Sono stanchi?

Ma io, quantunque mi fossi accorto della loro intenzione, risposi:

— Abbiamo anche sonno.

— Lo credo io!

E, rivolto ai suoi compagni, proseguì, con un riso da furbo: