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368 poesie non accolte dall’autore

macchine per perdermi... Le prove che ne ho sono tanto lampanti, che non ammettono ombra di dubbio. Ma perchè ciò non accada, ho deliberato di troncarmi la vita. Se vissi sempre indipendente e glorioso, voglio morire indipendente e gloriosissimo».

Nel c. III del poemetto giovanile Il trionfo della Libertà il Manzoni si giovò largamente delle informazioni avute dal profugo sugli atroci avvenimenti della repressione borbonica della Repubblica Partenopea; e ai versi (che sono una curiosa anticipazione d’uno dei più felici movimenti lirici del Nome di Maria: «In che lande selvagge...»):

Ma in quale arena mai grido non giunge
     Di sua nequizia e de’ fatti empi e rei;
     E sia pur quanto esser si voglia lunge?


appose la nota: «Leggasi l’energico e veramente vesuviano rapporto fatto da Francesco Lomonaco, patriota napoletano». Pare lo soccorresse in ogni maniera (v. la lettera al Mustoxidi del 22 ott. 1803); e certamente lo raccomandò al Monti «nelle sue mire per una cattedra».

Ringraziò poi l’amico illustre «per le premure che prendeva a favore d’un uomo che stimo ed amo per la sua probità; e se i miei preghi», soggiungeva (nella lett. da Parigi, 31 agosto 1805), «valgono appo te, te ne fo perchè tu le continui». Il Lomonaco, tra le Vite degli eccellenti italiani, aveva narrata pur quella del Beccaria: e ciò gli sarà valsa la benevolenza anche di donna Giulia. Nei Discorsi letterarj e filosofici poi, nel III, dopo d’aver fatto i nomi di Dante Petrarca Michelangelo Machiavelli Alfieri come magnifici esempi di originalità, egli citava, con dignitosa riservatezza, un emistichio del Carme in morte dell’Imbonati. «Il genio», vi diceva, «invece di essere imitatore, sdegna di leggere per esser letto; a differenza della pedanteria, che legge sempre e non è letta mai: o se qualche volta è letta a caso, non è mai riletta, non mai meditata. Il genio, orgoglioso del sentimento delle sue forze, ardisce sempre nuovi slanci, e se rovescia, gode almeno che si dica: ...su l’orma propria ei giace». — Cfr. G. Natali, La vita e il pensiero di F. Lomonaco, Napoli, 1912, dal vol. XLII degli Atti della R. Accad. di Scienze Mor. e Polit.; e F. Lomonaco e il sentimento nazionale nell’età napoleonica, nella «Nuova Antologia», 1º nov. 1912. — Carteggio del M., I, p. 5-6 ss. — Saggio storico sulla rivoluzione napolet. del 1799 di V. Cuoco, seguito dal Rapporto al cittad. Carnot di F. Lomonaco, a cura di F. Nicolini; Bari, Laterza.


Notevolissimo è il sonetto che segue, Alla Musa, del 1802, in cui il giovanissimo poeta formulò ed espresse il suo programma e la sua ambizione artistica. L’ultimo verso, in cui quel programma assomma, fu da lui trasportato tal quale nel Carme in morte dell’Imbonati; dove pur chiamò l’Alfieri il primo che «ne le reggie L’orma stampò de l’italo coturno», e gli mise accanto il Parini. — Trascrivo il sonetto, rimasto finora inedito, di sull’autografo che si conserva nella Braidense.