Pagina:Tragedie, inni sacri e odi.djvu/422

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392 poesie non accolte dall’autore

     Il mio rossore? o madre, oh! perchè tanta
     Speme d’onor mi lusingasti in vano?
     135Come la madre al fantolin caduto,
     Mentre lieto al suo piè movea tumulto,
     Che guata impaurito, e già sul ciglio
     Turgida appar la lagrimetta, ed ella
     Nel suo trepido cor contiene il grido,
     140E blandamente gli sorride in volto
     Perch’ei non pianga; un tal divino riso,
     Con questi detti, a lui la Musa aperse:
     A confortarti io vegno. Onde sì ratto
     “L’anima tua è da viltate offesa”?
     145Non senza il nume de le Muse, o figlio,
     Di te tant’alto io promettea. Deh! come,
     Pindaro rispondea, cura dei vati
     Aver le Muse io crederò? Se culto
     Placabil mai de gl’Immortali alcuno
     150Rendesse a l’uom, chi mai d’ostie e di lodi,
     Chi più di me di preci e di cor puro
     Venerò le Camene? Or se del mio
     Dolor ti duoli, proseguia, deh! vogli
     L’egro mio spirto consolar col canto.
     155Tacque il labro, ma il volto ancor pregava,
     Qual d’uom che d’udire arda, e fra sè tema
     Di far parlando a la risposta indugio.
     Allor su l’erba s’adagiaro: il plettro
     Urania prese, e gli accordò quest’Inno
     160Che in minor suono il canto mio ripete.

Fra le tazze d’ambrosia imporporate,
     Concittadine degli Eterni e gioja
     De’ paterni conviti eran le Muse
     Ne’ palagi d’Olimpo, e le terrene
     165Valli non use a visitar; ma primo,
     Scola e conforto de la vita, in terra
     Di Giove il cenno le invïò. Vedea
     Giove da l’alto serpeggiar già folta
     La vaga mortale orma, e sotto il pondo