Pagina:Tragedie (Pellico).djvu/239

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234 gismonda da mendrisio

Gismonda.                                             Indietro. Io m’ebbi
Altri fratelli! Il sangue loro, il sangue
De’ genitori miei forse a’miei sguardi
Di Milano le spade, ahi, non versaro?
Ed avean duce il padre tuo, seguace
Il traditor tuo sposo, o sciagurata!
Gabriella.Deh....
Gismonda.               Quel sangue a me vieta i vostri amplessi:
Empi sarian, sacrileghi. No, a tanta
Ignominia non nacqui!
Il Conte.                                             O amato figlio,
Crudeli oltraggi ella patia; ma il tempo
La placherà. — 1 Avanzatevi, o fedeli.
Col signor vostro giubilate: questo
È il figlio per si lunghi anni smarrito,
Quel che tutti piangeste, il benedetto
Primogenito mio! Cessin le angosce,
Le meste ricordanze. — Arrigo, ascendi
Il più veloce mio destrier: raggiungi
Per la via di Milan l’altro mio figlio.
Digli che festa, grande festa splende
Nel paterno castel; che ritornato
È il fratel suo!
Ariberto.                              L’anima mia commossa
Da tanto amor, voce non ha che esprima
La piena di sue gioie. Ah, il ciel mi doni
In Ermano un fratel che t’assomigli!2
Gismonda.Dunque a costei mi posponevi, o indegno?
E il furor mio non curi? — Il proverai!

  1. Ai servi.
  2. Vanno al castello.