Pagina:Tragedie di Eschilo (Romagnoli) I.djvu/222

Da Wikisource.

I SETTE A TEBE 183

gigante, questi, assai maggior del primo.
Il vanto è piú che d’uomo. A queste torri
minaccia orrori... Oh sorte, deh!, non compierli!
Voglia il Nume, o non voglia, abbatterà
la città, dice: né se piombi al suolo
la stessa ira di Giove a lui dinanzi,
potrà tenerlo; e i folgori ed il gitto
della saetta paragona all’alido
merïdiano. Ha per insegna un uomo
nudo che porta fuoco: a guisa d’arme
tra le sue mani arde una face: e a lettere
d’oro favella: Tebe incendieró.
Manda contro quest’uomo.... — Ohi, chi potrà
stargli di fronte? Chi senza tremare
quest’eroe tracotante aspetterà?
eteocle
Con ciò vantaggio addoppiasi a vantaggio:
ché dei pensieri temerarî, agli uomini
è la lingua verace accusatrice.
Minaccia Capanèo, s’appresta all’opera
offendendo i Celesti, e follemente
sfrena la lingua, e al cielo, esso mortale,
scaglia sonanti burrascosi detti.
Bene io confido che col fuoco il folgore
sopra lui piomberà, non punto simile
ai calori del sol meridïano.
Un uom si pianta contro lui, che tardo
è di parole assai, ma il cuore sfolgora: