Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/110

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LE BACCANTI 41

fu cucito di Giove: io questo fatto
ti dirò proprio come avvenne. Giove,
poiché tratto dal fuoco della folgore
ebbe il fanciullo, lo recò fra i Numi.
E Giunone volea scaraventarlo
dal cielo giú; ma tale astuzia Giove
trovò, ch’era pur Dio. Franse una parte
dell’ètra che la terra intorno cinge,
e un idolo ne finse, ed in ostaggio
a Giunone lo die’. Quindi, col tempo,
narrâr, sul nome equivocando, gli uomini
che nutrito di Giove entro la scàpola
il Nume fu; che scapolato invece
era cosí dall’ira di Giunone.
Ed è profeta questo Dio: ché molto
profetico estro è nel furore bacchico.
E quando in abbondanza alcun l’ingurgiti,
fa’ sí che gli ebbri dicano il futuro.
Ed anche ad Ares qualche dote ei prese:
se armata schiera contro lui si spiega,
terror la invade pria che tocchi lancia:
ed anche tal follia vien da Dïòniso.
Sul doppio giogo delle rupi delfiche
tu lo vedrai, tra fiaccole di pece,
danzar, vibrar, squassare il tirso bacchico,
che in Ellade ha tal possa. Pentèo, m’odi.
Non illuderti ch’essere sovrano
per i mortali sia vera potenza;
né reputarti, sol perché lo credi,
saggio, quando non saggia è la tua mente.
Il Nume accogli in questa terra, e liba,
celebra l’orgie, al crin ghirlanda cingi.
A castità Dïòniso le femmine