Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/244

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IONE 175

che dimande ti volge, affin che un tumulo
se non vive, gl’innalzi, e se ancor vive,
di sua madre al cospetto infine giunga.
Quando impedisce il Dio che quello io sappia
che bramo, è vano che ci siano oracoli.
Ma veggo, ospite, il mio sposo bennato,
Xuto: lasciato di Trofonio ha l’antro,
e viene qui. Di ciò ch’io dissi, nulla
ridire a lui, ché scorno a me non rechi
di segreti impacciarmi, e i detti miei
altri da come io svolti li ho, non corrano.
La femminil condizione, facile
non è, di fronte agli uomini: le buone,
se pratican le tristi, in odio vengono
anch’esse; tanta è la miseria nostra.
Entra Xuto.

xuto

Dei miei saluti le primizie accolga
primo, e s’allieti il Nume; indi tu, sposa.
Forse a temer t’indusse il mio ritorno?

creusa

No: pure ero in pensiero. E adesso, dimmi,
quale responso da Trofonio rechi?
Come daranno figli i nostri amplessi?

xuto

Non volle anticipar d’Apollo i detti:
sol disse ciò: che senza figli riedere
né io né tu dovremmo dall’oracolo.